SALERNO MICHELA

01/01/2004
I signori politici parlano tanto di diritti e giustizia Vicenda della signora SALERNO MICHELA In questa vicenda, che tra l' iter sanitario e quello giudiziario copre un lasso di tempo di circa vent' anni, vengono riassunti alcuni degli elementi più significativi atti a testimoniare le difficoltà che incontra un semplice cittadino qualora osi invocare giustizia per errori gravi di certi medici; ed incappando così negli orrori di certi magistrati. Dopo oltre dodici anni di strenue battaglie legali, alla fine è stata riconosciuta la colpa di un medico, ma ciò è avvenuto solo per la tenacia della parte lesa che non si è mai voluta arrendere di fronte ai soliti muri di gomma. Solitamente, il problema maggiore risiede nelle difficoltà a produrre prove di responsabilità in campo medico, ma nella vicenda in oggetto ciò non è stato il vero ostacolo (fin dall' inizio ne esistevano a volontà!), bensì l' avere come controparte un noto professionista, docente universitario e titolare di cattedra, oltremodo protervo, il quale è riconosciuto a farla franca per tanto tempo, grazie ad un corporativismo scandaloso mostrato dalla categoria e l' operato di certi magistrati, i quali pur di costruire artatamente una tesi assolutoria si sono arrampicati sugli specchi. Se si tiene presente tutto ciò, allora non sarà difficile comprendere quando dura possa essere stata la lotta. VICENDA SANITARIA. Molto sinteticamente, il tutto iniziò alla fine degli anni ' 70 allorquando la trentacinquenne Salerno decise di sottoporsi a visite periodiche preventive contro eventuali anomalie ginecologiche e/o tumorali, nonostante all' epoca si parlasse ancora poco di prevenzione. Per una maggior garanzia, si affidò ad un noto ginecologo, il prof. Gianfranco Patrizi, docente universitario all' università Tor Vergata di Roma. Purtroppo, durante quelle visite il docente ignorò sistematicamente, per più di quattro anni, le segnalazioni radiologiche dallo stesso prescritte che evidenziavano l' insorgere prima e la presenza poi, di un tumore al seno, limitandosi a tranquillizzare la signora ed il marito su una semplice mastopatia fibrocistica (forma benigna e comune in donne di quell' età), diagnosi adottata in precedenza. Pur di dissipare le apprensioni legittime della paziente asserì che questa era materia del suo corso d' insegnamento universitario, indi continuò imperterrito a prescrivere unicamente farmaci vitaminici ed antinfiammatori, del tutto aspecifici nel c ontesto. Solo quando il tumore era ormai conclamato dalle grandi dimensioni e la presenza di linfonodi ascellari, il "medico" si rese conto della reale situazione di gravità, decidendosi finalmente d' inviarla dal chirurgo! A quel punto la signora, intuito di essere stata mal seguita, si rinolse ad altri medici e si sottopose immediatamente all' intervento chirurgo. Effetuò tutte le terapie del caso ma nulla poté contro quel male diagnosticatole con tanto ritardo, decedento nel 1989 all' età di 45 anni. Prima di morire però, avuta conferma da perizie medico-legali sulla colpa del prof. Patrizi, trovò ancora la forza ed il coraggio di citare in giudizio civile colui che, nonostante la prevenzione, l' aveva ridotta in quelle condizioni, affinché quanto a lei accaduto non capitasse ad altre donne. Dopo il decesso, il marito e le figlie portarono avanti la battaglia legale in sede civile ed attivarono quella penale con una denuncia querela per l' ominidio colposo. VICENDE GIUDIZIARIE. Se l' aspetto sanitario fa già piangere, quello giudiziario non fa certo ridere perché aggiunse al danno anche la beffa. Infatti, mentre la causa civile procedeva con la tipica lentezza patologica, quella penale mostrò subito i segni di quanto sopra descritto. Il primo episodio "sorprendente" avvenne allorquando il PM, che era già in possesso di un' impressionante materiale probatorio fatto di ricette e referti (che hanno dunque scandito nel tempo l' operato "professionale" del medico nei confronti della sua paziente) e da ben tre perizie medico-legali che acclamavano la colpa professionale, formulò una sconcertante richiesta di archiviazione al GPL. La motivò con la mancanza di elementi sufficienti per sostenere un' accusa nel dibattimento. Detta motivazione si appalesò oltremodo infondata dal momento che quegli elementi richiesti, il PM non li aveva neppure cercati! Ciò é tanto vero, che convocò il medico ma non la parte lesa, nella persona del marito della Salerno, testimone oculare a tutte le visite e unico depositario di ulteriore documentazione! Il GIP fece ancora di peggio perché a seguito delle rimostranze, prima richiese la produzione del restante materiale probatorio, poi una volta ottenuto (con allegata l' ennesima perizia medico-legale), formulò ugualmente l' archiviazione asserendo che nel comportamento del medico erano palesemente ravvisabili i numerosi profili della colpa, ma essendo il tumore un male incurabile e non diagnosticabile neanche in percentuale limitata, la signora sarebbe quindi morta comunque, salvo dimostranze in modo certo la guarigione qualora fosse stata operata! Siffatte motivazioni, risultarono un vero e propio obbrobrio giuridico, sia per l' assurda pretesa di una prova certa, ma sufficienti possibilità di successo! Furono tanto apottiche e cervellotiche le affermazioni del GIP, prive di alcun supporto tecnico, da scatenare persino le ire dell' illustre oncologo prof. Umberto Veronesi, interpellato in proposito. Trovarono anche spazio sui giornali e televisione ma per invertire la direzione di marcia intrapresa dai magistrati, come si vedrà, ci voleva ben altro, perché il corporativismo è sempre in agguato e i magistrati, di fatto intoccabili, non riconoscono mai certi errori! Provare per credere! Comunque, a questo punto è importante sapere che essendo l' archiviazione è un atto inoppugnabile e che l' azione penale può essere ripresa solo a seguito di nuovi elementi (cioè,non già vagliati dai magistrati),quello richiesta del GIP a produrre tutto il restante materiale probatorio prima di archiviare,evidentemente era finalizzata proprio da impedire l'eventuale riapertura delle indagini! Nonostante questo "scippo della giustizia", anni dopo'l'azione penale riprese grazie alle perizie diposte dal tribunale nella causa civile che nel frattempo era proseguita.Difatti, dette perizie,riconoscevano in modo inconfudabile la piena colpa professionale del Prof. Patrizi per sistematica imperizia e negligenza, e costituivano quindi quegli elementi nuovi per la riapertura delle indagini. A seguito, il Prof. Patrizi fu rinviato a giudizio ad opera degli stessi magistrati che precedentemente avevano archiviato e, così importante, questa volta senza quella certezza di guarigione, così tessativamente pretesa in precedenza. Quindi, furono essi stessi a fornire la prova provata su quanto assurda era stata l'archiviazione! Tralasciando, per motivi di brevità, tutta una serie di episodi sconcertanti che videro ricusazioni di periti, tentativi maldestri di corrompere avvocati e di far saltare il processo, testimonianze di comodo ecc. ecc., alla fine la causa penale giunse alla decisione. Ma così come già avevano dimostrato le anomale procedure adottate ed il clima che si respirava negli ultimi tempi, avvenne quanto previsto, ovvero l'assoluzione del Prof. Patrizi perchè il fatto non sussiste. Sebbene le motivazioni gridavano allo scandalo, il procedimento penale si arrestò qui, non essendo prevista la possibilità di un appello per la parte civile, aggiungendo quindi e come già detto, la beffa al danno. Nel frattempo, la causa civile, alcuni mesi prima di quella penale, si era conclusa anch'essa con la assoluzione. Pure in questo caso, la lettura delle motivazioni lasciarono chiunque senza parole.Infatti, giusto per gradire, è opportuno evidenziare che i "giudici" , pur di trovare artatamente un sostegno alla tesi assolutoria, non solo non tennero in nessun conto ( cosa di per se inconcepibile in una sentenza) quelle perizie dagli stessi disposte e che vedevano la conclamata imperizia, negligenza, imprudenza, ma non ne fecero neppure menzione, così un'eventuale dissenso con esse! In pratica, silenzio assoluto sulle troppo scomode perizie! Per di più, come se non bastasse, arrivarono a definire l'atteggiamento del Prof. Patrizi addirittura prudente, diligente, perito, come il caso richiedeva ! Semmai,era la signora responsabile del suo stato in quanto persona adulta,avrebbe dovuto rendersi conto da sola del suo stato di gravità desumendolo direttamente dai referti radiologici!!!!! Quindi, secondo certi magistrati,non sarebbe onore del medico accertare la natura del male, bensì della paziente!!! A siffatta bassa macelleria giudiziaria viene d'obbligo la domanda se questo è veramente il metodo di analisi di coloro che sono normalmente abituati a spaccare un capello in quattro, oppure vi è stata qualche costrizione a spingerli a così tanto, e conseguentemente, chi sarà mai così potente da influire su di essi? Se fosse provata la prima ipotesi, ci sarebbe di che preoccuparsi ;se invece è la seconda, così come si evince dalla sentenza d'appello, non c'è da stare meno allegri! Ad ogni buon conto, a fronte di questa ennesima giustizia, non rimaneva che ricorrere in appello. Fu ovviamente presentato e, dopo lungo peregrinare, recentemente è arrivata la sentenza. Qui il giudice ha cercato di portare la giustizia sul retto binario nonostante l'impresa si presentasse al quanto ostica. Ciò, è facile immaginarlo non per le colpe del Patrizi (che erano evidentissime), quanto per dover porre rimedio alla cannibqalizzazione della giustizia perpetrata in precedenza, cercando però di non danneggiare i colleghi. Comunque, le motivazioni vedono ribaltare la sentenza di primo grado con la CONDANNA del medico,evidenziando non solo e finalmente,le perizie a suo tempo disposte, ma rincarando la dose su quei tanti addebbiti che fin d'allinizio venivano mossi. Quanto finora visto, potrebbero far pensare che le vicissitudini su questa "storia infinita" siano tutte qui. Purtroppo, è il contrario. Infatti, mentre erano in corso le sopraccitate cause,il Patrizi ne aggiunse una terza perchè nonostante i danni già fatti alla sua paziente, si mostrò tanto protervo e temerario da accanirsi persino contro il marito della sua vittima,citandolo in giudizio assieme alla Rai, il presentatore Piero Vigorelli, Patrizia Caselli conduttrice del programma "detto tra noi", semplicemente perche in detta trasmissione erano stati narrati i fatti della vicenda (senza alcuna ingiuria ad altro). pertanto, a suo dire, si era sentito leso nel suo onore di uomo e di "professionista", chiedendo un "modesto" risarcimento di un miliardo di lire! Fortunatamente, perse la causa con l'addebito delle spese processuali. C'è un altro episodio che dimostra l'arroganza di certe caste avverse il malcapitato cittadino. Infatti, tanto evidenti già risultavano l'irresponsabilità e l'incompetenza dimostrata dal Patrizi, che a suo tempo vennero presentate instanze all'Ordine dei medici e all'Università di Tor Vergata, affinchè fossero adottati provvedimenti, perlomeno cautelativi. Ebbene,l'Ordine dei medici, dopo una lunga assenza e tragiversare alla fine scrisse che solo se perizie disposte dalla magistratura erano l'unioco elemento inconfutabile sulla colpa professionale. Quando però queste furono prodotte, assolsero il "medico" dicendo che da una più accorta disamina (sic!) non si ravvisavano violazioni al codice deontologico, ed i comportamenti non erano stati disdicevoli all'onore e decoro edella categoria! Per quanto riguarda l'università, così com'era prevedibile,l'esposto non raggiunse alcun risultato! Ultimo, ma non meno scandaloso,è l'episodio CSM. Poichè le motivazioni e le procedure adottate dai magistrati in sede civile e penale gridavano vendetta al cospetto di Dio, fu conseguentemente, presentare un esposto al Presidente della Repubblica in qualità di Capo Supremo della Magistratura. L'esposto fu accolto ed inoltrato d'ufficio al CSM,l'unica sede propria delle determinazioni ordinamentali e disciplinari relative alla condotta dei magistrati. Ma il CSM si guardi un pò il caso, non solo si mostrò assente, ma alla fine decise di archiviare motivandola con la sua non competenza,evidenziando quindi il contrasto con quanto affermato dal Presidente della Repubblica. Cosa ancor più scandalosa, fu il CSM arrivò persino ad offendere, umiliare quel cittadino che evidentemente aveva osato spingersi fino a tanto. Infatti, nel momento in cui furono richieste le copie del verbale dell'archiviazione onde poterla impugnare,il Segretario generale rispose per iscritto che non venivano rilasciate al fine di non addebitare il costo del rilancio copie!!! Non solo ciò era in palese violazione dell'invocata legge 241/90, ma quei costi che tanta preoccupazione avevano destato nel CSM,risultarono poi essere di sole,misere, 5.000 lire !! Questo episodio, assume rilievo che si considera il tanto parlare dei mali della giustizia, con certi magistrati che alzano subito il posteriore alle prime critice, ed il CSM che vuol apparire senza macchia e senza peccato! Adesso, dopo tanti anni di battaglie, il colpevole è stato riconosciuto ufficialmente come tale, ma a quale prezzo per chi aveva ragione di vedere? Alla fine di tutta la storia si può concludere che, aldilà delle tante chiacchiere sulla tutela del cittadino indifeso, la vicenda in oggetto testimonia l'esatto contrario, ovvero che proprio perchè indifeso può essere tranquillamente massacrato dall'uso sistematico dell'arroganza da parte di coloro che invece dovrebbe tutelarlo. Il non essere stati ascoltati nei modi dovuti allorquanto veniva lanciato l'allarme, ha portato come conseguenza il ripetersi di altri casi che ora stanno venendo alla luce. Questi, certamente non graveranno sulla coscienza dei familiari della Salerno, ma semmai saranno a carico di coloro che non ho sentito o, peggio, voluto sentire, cadendo in tal modo nella connivenza. La volontà della povera signora Salerno era chiara, ed è stata portata avanti proprio perchè fatti del genere non potessereo più accadere, ma invece, il patrizi è stato lasciato impunito per tanti anni, all'insegnamento universitario! Adesso, con la sentenza in mano,inizia un'altra fase,ossia quella di far emergere tutto il marciume mostrato ai vari livelli su questa emblematica vicenda.Dovrebbe apparire chiaro a questo punto, come non essersi mai arresi finora sia una prova sufficiente.Pertanto, sarebbe bene che, una volta per tutte, certe orecchie non facciano più finta di non sentire. LUIGI LODOVICHETTI ROMA