Aniello Provvisiero

21/02/2004
In data 14 Febbraio 2004, mio figlio Aniello, nato a Napoli il 19 Novembre 1984, avvertiva un gonfiore al collo.Lo accompagnavo presso il pronto soccorso dell’ Ospedale Cardarelli di Napoli verso le ore 22:30, dove visitato dal sanitario di turno, veniva riferito che mio figlio era affetto da tonsillite, praticandogli una puntura di “BENTELAN” dicendo che il pronto otorino, presso quell’Ospedale non c’era.Veniva pertanto riferito da recarci o presso l’Ospedale Ascalesi oppure presso l’Ospedale Vecchio Pellegrini. A tale constatazione, alle ore 23:30 circa successive accompagnavo mio figlio presso il pronto soccorso dell’Ospedale Vecchio Pellegrini dove, visitato dall’otorino di turno, questi riferiva che trattasi di tonsillite purulenta in soggetto con dispnea consigliando il ricovero presso quella struttura, su barella per mancanza di posti letto. Mio figlio, il giorno seguente, veniva sottoposto a prelievo venoso e ad esami radiografici, essendo che il suddetto Ospedale è sprovvisto di laboratorio analisi, il campione di sangue veniva successivamente inviato presso l’Ospedale Ascalesi e così dopo 3 giorni dal ricovero e precisamente in data 17 febbraio 2004, veniva comunicato che mio figlio era affetto da “MONONUCLEOSI”.Mi veniva prospettato il trasferimento di mio figlio presso l’Ospedale Cotugno di Napoli, dove veniva trasferito verso le ore 13:00 del giorno stesso. Presso detta struttura sanitaria veniva nuovamente visitato e pertanto ricoverato presso la II° Divisione del 3° piano.Il 18 Febbraio 2004, verso le ore 17:00, fu praticata a mio figlio una flebo di ROCEFIN e, dato che il ragazzo non riusciva più ad ingoiare, gli venivano praticate due flebo di mantenimento.Verso le ore 18:30 del predetto giorno mio figlio vomitava dei muchi e aveva difficoltà respiratorie.La mia ex moglie,subito chiese l’intervento del medico di turno che tardava a venire presso il paziente così l’infermiere lo chiamò per ben due volte e a quel punto,la mia ex moglie, si recò presso la stanza del sanitario che era al telefono, si rivolse allo stesso e fece presente la gravità della situazione e lui per tutta risposta disse che sarebbe venuto appena finito la telefonata.Nel frattempo l’infermiere che aveva ben capito la gravità, chiamava in rianimazione chiedendo l’intervento di quel personale.Dopo ben 10 minuti circa il medico che stava al telefono, con passo lento, arrivò presso mio figlio e, visto che non era ancora giunto nessuno della Rianimazione, l’infermiere mise mio figlio sulla barella per il trasporto presso il detto reparto. Il medico non sapeva cosa fare e chiedeva all’infermiere il da farsi e se avesse già chiamato in rianimazione a quel punto l’infermiere conduceva la barella in direzione dell’ascensore, e nel corridoio giungeva il medico rianimatore il quale, visto che il ragazzo aveva le braccia penzoloni dalla barella, si lanciava addosso a mio figlio praticandogli il massaggio cardiaco per tutto il percorso fino al suo reparto, dove veniva incubato.Dopo circa una ventina di minuti da quanto mio figlio era entrato in sala rianimazione, usciva un infermiere il quale riferiva che il ragazzo ce l’aveva fatta per un pelo.Subito dopo, il medico rianimatore ci riferiva che aveva salvato nostro figlio “per i capelli e se c’era da fare anche solo un altro piano non ce l’avrebbe fatta” aggiungendo che era presto per sapere se la mancanza di ossigeno al cervello avesse causato degli ulteriori problemi. Il giorno 19 febbraio 2004, verso le 22:30, mentre mi trovavo davanti al reparto di rianimazione venivo raggiunto dal primario della II° Divisione del predetto Ospedale il quale mi diceva di non far intervenire persone esterne concludendo che avrebbe ripreso lui il medico che non era intervenuto tempestivamente in aiuto di mio figlio. Il giorno 20 febbraio 2004 veniva riferito che mio figlio presentava un focolaio ai bronchi e che la situazione era stazionaria. In data 21 febbraio 2004 verso le ore 13:00, mi trovavo davanti al vetro dove si vedeva mio figlio, quando avevo notato che lo stesso si agitava nonostante fosse “sedato” e che il medicinale della flebo inserita era terminato, pertanto cercavo di contattare qualcuno all’interno-a mezzo del citofono- per avvisare di quanto stava accadendo non riuscendovi tanto che chiedevo il numero telefonico del reparto.Subito dopo vedevo che un’infermiera entrava e inseriva un nuovo contenitore di medicinale alla flebo in sostituzione di quello terminato alle 16:30 dello stesso giorno ci veniva riferito che a seguito delle complicanze intervenute mio figlio Aniello per arresto cardiocircolatorio.