Marianna Gaudino

11/10/1993
MARIANNA GAUDINO, 20 ANNI, MIA FIGLIA. Marianna aveva 20 anni quando, per un errore medico, perse la vita. Questo è avvenuto l’11 ottobre 1993, all’Ospedale Monadi di Napoli. Il dott. Benito Musto, specialista in cardiologia ed esperto in studi elettrofisiologici, sottopose Marianna ad intervento di ablazione per risolvere un problema di tachicardia congenita – anomalia definita “sindrome di Wolf Parkinson White – che si era manifestato per la prima volta a 6 anni. Malgrado ciò, Marianna ha sempre condotto una vita regolare. Il medico le aveva consigliato di sottoporsi all’intervento, spiegandoci che si trattava di una tecnica innovativa che avrebbe definitivamente eliminato l’anomalia, ed assicurandoci che non presentava alcun tipo di rischio. Per la fiducia che aveva sempre riposto nel medico, Marianna decise di accettare. L’intervento venne eseguito mediante l’uso di cateteri inseriti nella zona femorale e dalla succlavia nel seno coronarico, per individuare la via anomala da causticare. Nell’introdurre il catetere dalla succlavia, un’errata manovra del dott. Musto causò la perforazione del seno coronarico, provocando un emopericardio e – per negligenza, imperizia ed imprudenza – l’arresto cardiaco e il coma irreversibile. In sostanza, nonostante il medico fosse a conoscenza di quel tipo di complicanza, non aveva approntato gli strumenti necessari per fronteggiarla. Successivamente, a Marianna furono praticate tre pericardiocentesi, per aspirare il sangue dal cavo pericardico, ma anche questa volta la mancanza di apparecchiature idonee al monitoraggio dell’intervento provocò tre lesioni al fegato con un’emorragia di 2 litri e mezzo di sangue nell’addome. Denunciato il tutto alla magistratura, dopo anni di processo il medico è stato condannato in primo grado (con sentenza emessa il 16-12-1997) a 5 mesi di reclusione, con pena sospesa e la non menzione del reato: condanna poi confermata dalla 1° Sezione della Corte d’Appello di Napoli, con sentenza emessa il 18 maggio 2000. Il 29 novembre 2000, la 4° Sezione della Corte Suprema di Cassazione rinviò il procedimento alla 5° Sezione della Corte di Appello di Napoli a chiarimento di alcuni punti, e per mancanza di note difensive da parte del nostro avvocato, necessarie a dare risposta al ricorso del medico. La Corte, col chiaro intento di assolvere il medico, ci spinse a rivolgerci al Procuratore Capo di Napoli, dott. Cordova, che messo al corrente di ciò incaricò il Procuratore Generale dott. Salvatori di interessarsi del caso. Nel frattempo, ricevemmo anche una proposta di risarcimento, davanti alla Corte, dagli avvocati del medico, con l’intenzione di persuaderci ad abbandonare le nostre posizioni, richiesta ovviamente rifiutata perché la nostra è sempre stata sete di giustizia, ed era quella che noi chiedevamo con forza. Nonostante questo, la Corte di Appello, in data 8 maggio 2002, ha emesso sentenza di assoluzione, una sentenza scandalosa contro la quale abbiamo ricorso in Cassazione. Il 19 marzo 2003 la 3° Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha formalmente annullato la precedente sentenza di assoluzione, perché, a suo dire, “esistevano seri dubbi sul corretto operato del medico” ed ha dichiarato la prescrizione del reato per decorrenza dei termini processuali. Questo però non è stato l’ultimo atto, adesso la nostra battaglia prosegue con il processo civile, che va avanti da circa 2 anni. Anche qui siamo costretti a confrontarci con un sistema giuridico che tutela soltanto i potenti, e che non garantisce i cittadini comuni, ma siamo lo stesso decisi a portare avanti la nostra battaglia fino in fondo, sperando di riuscire a vederne la fine!